Fiori per Algernon è un libro per cui arrivo in ritardo come la puzza. Uno di quei libri che ha tutte le carte in regola per piacermi, dell’esistenza del quale sono consapevole da anni, ma non mi decido mai a prendere in mano.
Decidevo, anzi.
Complice una sfida di lettura, è finalmente arrivato il suo momento, e non me ne sono pentita.
Non è un libro facile di cui parlare senza fare spoiler. O meglio, sì, la trama nuda e cruda: un uomo con disabilità intellettiva viene selezionato per un esperimento per aumentare l’intelligenza. E l’esperimento funziona, sì, eccome, così come sul topolino Algernon, ma non è tutto così semplice come sembra.
Ma ora, come commentare senza farvi spoiler? Posso dire che il protagonista parla a favore della non monogamia e che una delle sue ragazze ha risuonato con la mia sensibilità. Posso dire che è una condanna all’abilismo così dura e così difficile da leggere per chi ha provato sulla sua pelle, che conosco persone che rifiutano di finirlo. Posso dire che ho pianto, tanto, e che a volte ripenso alla frase finale e ancora scoppio in singhiozzi (finito quasi un mese fa…), ma non posso spiegarvi perché.
Vi tocca leggerlo. È un romanzo in cui l’essere umano viene descritto così alla perfezione che c’è spazio per tutte le sfumature, e i più stronzi hanno lati umani, e i migliori hanno lati infelici. Fiori per Algernon mi viene in mente a ogni topolino che vedo, ed è un regalo, un dono prezioso datomi dalla lettura – per tutta la vita, vedendo un topo, mi si riempirà il cuore di un libro letto all’inizio del 2021, da qualche parte nel calendario della pandemia, e tutta una serie di ricordi e sensazioni ne verranno evocati.
L’avete letto? Che ne pensate?